La “cassetta degli attrezzi” per l’integrazione del genere nelle politiche per la disabilità
05-08-2024 14:57 - News
Lo scorso maggio il Forum Europeo sulla Disabilità ha pubblicato un importantissimo documento che si configura come una vera e propria “cassetta degli attrezzi” per l’integrazione del genere nelle politiche per la disabilità, al quale però qui in Italia non è stato dato alcun rilievo. A suo tempo il Centro Informare un’h ne diede segnalazione. Ora torniamo ad occuparcene per mettere in evidenza alcuni aspetti di particolare interesse anche per il contesto italiano.
Una donna con disabilità sulle sponde di un corso d’acqua.
Lo scorso maggio il Forum Europeo sulla Disabilità (EDF) ha pubblicato un importantissimo documento che si configura come una vera e propria “cassetta degli attrezzi” per l’integrazione del genere nelle politiche per la disabilità, al quale però qui in Italia non è stato dato alcun rilievo. Si tratta del Toolkit Gender Mainstreaming Toolkit 2024. Guidance to enhance gender equality and the inclusion of women and girls with disabilities in all of EDF’s work”, ovvero: il “Kit di strumenti per l’integrazione della dimensione di genere 2024. Linee Guida per migliorare l’uguaglianza di genere e l’inclusione delle donne e delle ragazze con disabilità in tutte le attività dell’EDF” (disponibile per ora solo in lingua inglese a questo link). Il Centro Informare un’h ne diede segnalazione traducendo, integrando e rilanciando la nota divulgata, a suo tempo, dall’Ufficio della Comunicazione dell’EDF (se ne legga a questo link). Ora torniamo ad occuparcene per mettere in evidenza alcuni aspetti di particolare interesse anche per il contesto italiano.
In primo luogo possiamo osservare che la “cassetta degli attrezzi” è uno strumento prodotto dal Forum “per migliorare l’uguaglianza di genere e l’inclusione delle donne e delle ragazze con disabilità in tutte le attività” del Forum stesso. Questo aspetto è di per sé molto interessante perché all’interno del Forum, già a partire dagli anni ’90, opera il Comitato delle Donne, un gruppo di lavoro molto attento e attivo nell’integrare il genere nelle politiche per la disabilità, e la disabilità nelle politiche di genere. Ciò che ha reso necessaria la predisposizione della “cassetta degli attrezzi” è stata l’esigenza di «sostenere l’integrazione dei diritti delle donne e delle ragazze con disabilità in tutto il lavoro dell’EDF». Infatti, anche se il Comitato delle Donne è davvero efficiente, le politiche per le donne con disabilità, in ottemperanza alle disposizioni della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, devono permeare tutte le politiche promosse dal Forum, e questo risultato si può ottenere solo se tutto lo staff dell’EDF (di quasi trenta componenti), tutti i/le consulenti, tutti gli esperti e le esperte con cui collabora (più di quaranta), nonché tutti i/le rappresentati delle Organizzazioni associate (più di cento) possono disporre di indicazioni operative su come integrare la dimensione del genere, su come sostenere le esigenze delle donne con disabilità e dunque su come aumentare la loro visibilità.
Detto più semplicemente: il Comitato delle Donne ha certamente un ruolo di propulsore nel promuovere le politiche di genere, ma se l’intero orgiasmo del Forum non recepisce la stessa linea, ben difficilmente le istanze delle donne con disabilità troverebbero la visibilità che meritano perché, allo stato attuale, queste specifiche istanze non sono un patrimonio condiviso delle comunità di appartenenza e delle Istituzioni. Lo stesso tipo di riflessione può e deve essere fatta per qualsiasi Organizzazione di rappresentanza delle persone con disabilità: non è sufficiente avere al proprio interno un gruppo di donne che lavora sul genere (requisito che oltretutto non tutte le Organizzazioni soddisfano), se poi l’Organizzazione continua a promuovere politiche neutre rispetto al genere. A parere di chi scrive è esattamente questa la situazione italiana.
Nel 2016 il nostro Paese è stato richiamato dal Comitato ONU per i diritti delle persone con disabilità per l’assenza di una «sistematica integrazione delle donne e delle ragazze con disabilità nelle iniziative per la parità di genere, così come in quelle riguardanti la condizione di disabilità» (Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, punto 13). Per tale ragione il Comitato ha raccomandato all’Italia «che la prospettiva di genere sia integrata nelle politiche per la disabilità e che la condizione di disabilità sia integrata nelle politiche di genere, entrambe in stretta consultazione con le donne e le ragazze con disabilità e con le loro Organizzazioni rappresentative» (punto 14). Le Organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità si sono dotate di una “cassetta degli attrezzi” simile a quella prodotta dall’EDF per assolvere a questo compito? Non sembra che lo abbiano fatto. Le poche (meravigliose) che prestavano attenzione al genere hanno continuato a farlo. La maggior parte di esse ha realizzato qualche progetto, o ha organizzato eventi (mostre, convegni, seminari…) sulla condizione delle donne con disabilità perlopiù in occasione delle giornate dedicate alle donne (l’8 marzo, la Festa della mamma e il 25 novembre). Iniziative che però, in assenza di una revisione complessiva delle proprie politiche in prospettiva di genere, somigliano molto a una “verniciatura di rosa” per simulare un interesse che in realtà non c’è.
Sembra esserci, invece, un problema di consapevolezza sia delle donne con disabilità, sia dei direttivi delle Organizzazioni di rappresentanza. Infatti molto spesso le iniziative di sensibilizzazione sono rivolte all’esterno dell’Organizzazione, individuando nelle Istituzioni e nella società le maggiori responsabili dell’invisibilità delle donne con disabilità. Responsabilità che indubbiamente ci sono, ma che non levano niente a quelle delle stesse Organizzazioni di rappresentanza. Ad esempio, è corretto osservare che tra i cinque Gruppi di lavoro dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle Persone con Disabilità (OND) non ve ne sia nemmeno uno sulle questioni di genere, e che tutti i coordinatori degli stessi siano maschi e senza disabilità (se ne legga a questo link). Ma se nella maggior parte dei casi nemmeno chi partecipa Gruppi in rappresentanza delle persone con disabilità si preoccupa di integrare il genere nelle proprie proposte, l’atteggiamento discriminatorio nei confronti delle donne con disabilità non può essere imputato alle sole Istituzioni. In questo caso Istituzioni e associazionismo stanno utilizzando le modalità proprie della medesima cultura patriarcale.
Per completezza e correttezza va segnalato che esisteva anche un gruppo di lavoro temporaneo sullo specifico tema della violenza nei confronti delle donne con disabilità, istituito all’interno dell’OND il 25 novembre 2023 (se ne legga in questa nota) allo scopo produrre delle linee guida per fornire indicazioni su questo tema al Comitato Tecnico dell’Osservatorio Nazionale sulla violenza contro le donne. Ma pare che, ultimate le linee guida (che comunque non sono ancora state rese pubbliche), questo sia stato sciolto il 9 luglio scorso. Come se la questione della violenza nei confronti delle donne con disabilità fosse risolvibile con delle semplici linee guida, e non richiedesse un gruppo di lavoro stabile. Possiamo concordare che di tale decisione siano interamente responsabili le Istituzioni, ma anche per questo è fondamentale che le Organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità stiano ancora più attente a integrare il genere nelle loro politiche.
Infine può essere utile riflettere su un’ambivalenza che, se non indagata, può contribuire a mantenere invisibili le istanze delle donne con disabilità. Chi opera nelle Organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità, soprattutto se ha preso parte alla loro costituzione, tende a sviluppare un legame di appartenenza e a considerarle un punto di riferimento. Dunque per le donne con disabilità mettere a fuoco che quella stessa Organizzazione, con cui hanno condiviso un percorso di crescita e militanza, ha delle responsabilità nell’invisibilizzazione delle loro istanze di genere può avere un effetto perturbante, nel senso che ciò che prima era familiare e rassicurante, ora, osservato da questa prospettiva, inizia ad assumere contorni sinistri e opprimenti. Si tratta di sentimenti legittimi e comprensibili, ma che possono indurre queste donne a inibire l’espressione del loro legittimo desidero di essere viste e pienamente rappresentate anche nella propria femminilità. Dunque è bene chiarire che chiedere alle Organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità di integrare la variabile del genere in tutte le loro politiche non significa affatto mettere in discussione il sistema di rappresentanza o delegittimare tutto il lavoro pregresso. Semmai è vero il contrario: un’Organizzazione capace di modificarsi per farsi carico anche delle istanze delle donne con disabilità, oltre ad allinearsi con quanto previsto dalla Convenzione ONU, rafforzerebbe il legame di appartenenza di queste donne (che non di rado costituiscono anche la maggioranza dei volontari delle Organizzazioni). Prova ne sia che aver predisposto una “cassetta degli attrezzi” per migliorare l’uguaglianza di genere in tutte le proprie attività non ha affatto minato l’autorevolezza del Forum Europeo sulla Disabilità. Anzi! Ciò ha contribuito a connotarlo ancora una volta come un’avanguardia nella promozione dei diritti umani di tutte persone con disabilità (bambine, ragazze, donne e anziane incluse).
Per questi motivi è auspicabile che anche le Organizzazioni rappresentative delle persone con disabilità italiane si dotino di una “cassetta degli attrezzi” simile a quella elaborata dall’EDF, magari predisponendone un adattamento. Ignorare il genere significa operare in contrasto con la Convenzione ONU, e francamente poi diventa difficile capire per quale motivo la società e le Istituzioni dovrebbero applicare una Convenzione che le Organizzazioni per prime non rispettano.
Simona Lancioni
Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa)
Estremi dell’opera:
Forum Europeo sulla Disabilità, Toolkit Gender Mainstreaming Toolkit 2024. Guidance to enhance gender equality and the inclusion of women and girls with disabilities in all of EDF’s work, maggio 2024, 18 pagine, in lingua inglese, formato PDF.
Vedi anche:
EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità.
Comitato delle Donne dell’EDF.
Le Linee Guida per l’integrazione del genere in tutte le politiche dell’EDF, e non solo, «Informare un’h», 14 giugno 2024.
Sezione del centro Informare un’h dedicata ai “Manifesti delle Donne e delle Ragazze con disabilità del Forum Europeo sulla Disabilità”.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.
Una donna con disabilità sulle sponde di un corso d’acqua.
Lo scorso maggio il Forum Europeo sulla Disabilità (EDF) ha pubblicato un importantissimo documento che si configura come una vera e propria “cassetta degli attrezzi” per l’integrazione del genere nelle politiche per la disabilità, al quale però qui in Italia non è stato dato alcun rilievo. Si tratta del Toolkit Gender Mainstreaming Toolkit 2024. Guidance to enhance gender equality and the inclusion of women and girls with disabilities in all of EDF’s work”, ovvero: il “Kit di strumenti per l’integrazione della dimensione di genere 2024. Linee Guida per migliorare l’uguaglianza di genere e l’inclusione delle donne e delle ragazze con disabilità in tutte le attività dell’EDF” (disponibile per ora solo in lingua inglese a questo link). Il Centro Informare un’h ne diede segnalazione traducendo, integrando e rilanciando la nota divulgata, a suo tempo, dall’Ufficio della Comunicazione dell’EDF (se ne legga a questo link). Ora torniamo ad occuparcene per mettere in evidenza alcuni aspetti di particolare interesse anche per il contesto italiano.
In primo luogo possiamo osservare che la “cassetta degli attrezzi” è uno strumento prodotto dal Forum “per migliorare l’uguaglianza di genere e l’inclusione delle donne e delle ragazze con disabilità in tutte le attività” del Forum stesso. Questo aspetto è di per sé molto interessante perché all’interno del Forum, già a partire dagli anni ’90, opera il Comitato delle Donne, un gruppo di lavoro molto attento e attivo nell’integrare il genere nelle politiche per la disabilità, e la disabilità nelle politiche di genere. Ciò che ha reso necessaria la predisposizione della “cassetta degli attrezzi” è stata l’esigenza di «sostenere l’integrazione dei diritti delle donne e delle ragazze con disabilità in tutto il lavoro dell’EDF». Infatti, anche se il Comitato delle Donne è davvero efficiente, le politiche per le donne con disabilità, in ottemperanza alle disposizioni della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, devono permeare tutte le politiche promosse dal Forum, e questo risultato si può ottenere solo se tutto lo staff dell’EDF (di quasi trenta componenti), tutti i/le consulenti, tutti gli esperti e le esperte con cui collabora (più di quaranta), nonché tutti i/le rappresentati delle Organizzazioni associate (più di cento) possono disporre di indicazioni operative su come integrare la dimensione del genere, su come sostenere le esigenze delle donne con disabilità e dunque su come aumentare la loro visibilità.
Detto più semplicemente: il Comitato delle Donne ha certamente un ruolo di propulsore nel promuovere le politiche di genere, ma se l’intero orgiasmo del Forum non recepisce la stessa linea, ben difficilmente le istanze delle donne con disabilità troverebbero la visibilità che meritano perché, allo stato attuale, queste specifiche istanze non sono un patrimonio condiviso delle comunità di appartenenza e delle Istituzioni. Lo stesso tipo di riflessione può e deve essere fatta per qualsiasi Organizzazione di rappresentanza delle persone con disabilità: non è sufficiente avere al proprio interno un gruppo di donne che lavora sul genere (requisito che oltretutto non tutte le Organizzazioni soddisfano), se poi l’Organizzazione continua a promuovere politiche neutre rispetto al genere. A parere di chi scrive è esattamente questa la situazione italiana.
Nel 2016 il nostro Paese è stato richiamato dal Comitato ONU per i diritti delle persone con disabilità per l’assenza di una «sistematica integrazione delle donne e delle ragazze con disabilità nelle iniziative per la parità di genere, così come in quelle riguardanti la condizione di disabilità» (Osservazioni Conclusive al primo rapporto dell’Italia sull’applicazione della Convenzione ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità, punto 13). Per tale ragione il Comitato ha raccomandato all’Italia «che la prospettiva di genere sia integrata nelle politiche per la disabilità e che la condizione di disabilità sia integrata nelle politiche di genere, entrambe in stretta consultazione con le donne e le ragazze con disabilità e con le loro Organizzazioni rappresentative» (punto 14). Le Organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità si sono dotate di una “cassetta degli attrezzi” simile a quella prodotta dall’EDF per assolvere a questo compito? Non sembra che lo abbiano fatto. Le poche (meravigliose) che prestavano attenzione al genere hanno continuato a farlo. La maggior parte di esse ha realizzato qualche progetto, o ha organizzato eventi (mostre, convegni, seminari…) sulla condizione delle donne con disabilità perlopiù in occasione delle giornate dedicate alle donne (l’8 marzo, la Festa della mamma e il 25 novembre). Iniziative che però, in assenza di una revisione complessiva delle proprie politiche in prospettiva di genere, somigliano molto a una “verniciatura di rosa” per simulare un interesse che in realtà non c’è.
Sembra esserci, invece, un problema di consapevolezza sia delle donne con disabilità, sia dei direttivi delle Organizzazioni di rappresentanza. Infatti molto spesso le iniziative di sensibilizzazione sono rivolte all’esterno dell’Organizzazione, individuando nelle Istituzioni e nella società le maggiori responsabili dell’invisibilità delle donne con disabilità. Responsabilità che indubbiamente ci sono, ma che non levano niente a quelle delle stesse Organizzazioni di rappresentanza. Ad esempio, è corretto osservare che tra i cinque Gruppi di lavoro dell’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle Persone con Disabilità (OND) non ve ne sia nemmeno uno sulle questioni di genere, e che tutti i coordinatori degli stessi siano maschi e senza disabilità (se ne legga a questo link). Ma se nella maggior parte dei casi nemmeno chi partecipa Gruppi in rappresentanza delle persone con disabilità si preoccupa di integrare il genere nelle proprie proposte, l’atteggiamento discriminatorio nei confronti delle donne con disabilità non può essere imputato alle sole Istituzioni. In questo caso Istituzioni e associazionismo stanno utilizzando le modalità proprie della medesima cultura patriarcale.
Per completezza e correttezza va segnalato che esisteva anche un gruppo di lavoro temporaneo sullo specifico tema della violenza nei confronti delle donne con disabilità, istituito all’interno dell’OND il 25 novembre 2023 (se ne legga in questa nota) allo scopo produrre delle linee guida per fornire indicazioni su questo tema al Comitato Tecnico dell’Osservatorio Nazionale sulla violenza contro le donne. Ma pare che, ultimate le linee guida (che comunque non sono ancora state rese pubbliche), questo sia stato sciolto il 9 luglio scorso. Come se la questione della violenza nei confronti delle donne con disabilità fosse risolvibile con delle semplici linee guida, e non richiedesse un gruppo di lavoro stabile. Possiamo concordare che di tale decisione siano interamente responsabili le Istituzioni, ma anche per questo è fondamentale che le Organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità stiano ancora più attente a integrare il genere nelle loro politiche.
Infine può essere utile riflettere su un’ambivalenza che, se non indagata, può contribuire a mantenere invisibili le istanze delle donne con disabilità. Chi opera nelle Organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità, soprattutto se ha preso parte alla loro costituzione, tende a sviluppare un legame di appartenenza e a considerarle un punto di riferimento. Dunque per le donne con disabilità mettere a fuoco che quella stessa Organizzazione, con cui hanno condiviso un percorso di crescita e militanza, ha delle responsabilità nell’invisibilizzazione delle loro istanze di genere può avere un effetto perturbante, nel senso che ciò che prima era familiare e rassicurante, ora, osservato da questa prospettiva, inizia ad assumere contorni sinistri e opprimenti. Si tratta di sentimenti legittimi e comprensibili, ma che possono indurre queste donne a inibire l’espressione del loro legittimo desidero di essere viste e pienamente rappresentate anche nella propria femminilità. Dunque è bene chiarire che chiedere alle Organizzazioni di rappresentanza delle persone con disabilità di integrare la variabile del genere in tutte le loro politiche non significa affatto mettere in discussione il sistema di rappresentanza o delegittimare tutto il lavoro pregresso. Semmai è vero il contrario: un’Organizzazione capace di modificarsi per farsi carico anche delle istanze delle donne con disabilità, oltre ad allinearsi con quanto previsto dalla Convenzione ONU, rafforzerebbe il legame di appartenenza di queste donne (che non di rado costituiscono anche la maggioranza dei volontari delle Organizzazioni). Prova ne sia che aver predisposto una “cassetta degli attrezzi” per migliorare l’uguaglianza di genere in tutte le proprie attività non ha affatto minato l’autorevolezza del Forum Europeo sulla Disabilità. Anzi! Ciò ha contribuito a connotarlo ancora una volta come un’avanguardia nella promozione dei diritti umani di tutte persone con disabilità (bambine, ragazze, donne e anziane incluse).
Per questi motivi è auspicabile che anche le Organizzazioni rappresentative delle persone con disabilità italiane si dotino di una “cassetta degli attrezzi” simile a quella elaborata dall’EDF, magari predisponendone un adattamento. Ignorare il genere significa operare in contrasto con la Convenzione ONU, e francamente poi diventa difficile capire per quale motivo la società e le Istituzioni dovrebbero applicare una Convenzione che le Organizzazioni per prime non rispettano.
Simona Lancioni
Responsabile di Informare un’h – Centro Gabriele e Lorenzo Giuntinelli di Peccioli (Pisa)
Estremi dell’opera:
Forum Europeo sulla Disabilità, Toolkit Gender Mainstreaming Toolkit 2024. Guidance to enhance gender equality and the inclusion of women and girls with disabilities in all of EDF’s work, maggio 2024, 18 pagine, in lingua inglese, formato PDF.
Vedi anche:
EDF, il Forum Europeo sulla Disabilità.
Comitato delle Donne dell’EDF.
Le Linee Guida per l’integrazione del genere in tutte le politiche dell’EDF, e non solo, «Informare un’h», 14 giugno 2024.
Sezione del centro Informare un’h dedicata ai “Manifesti delle Donne e delle Ragazze con disabilità del Forum Europeo sulla Disabilità”.
Sezione del centro Informare un’h dedicata al tema “Donne con disabilità”.