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Corte Suprema di Cassazione: è urgente riformare la disciplina dei trattamenti sanitari obbligatori

23-09-2024 15:38 - News
La facciata anteriore del palazzo in cui ha sede la Corte Suprema di Cassazione, a Roma.
Un’importante Ordinanza della Corte Suprema di Cassazione ha riconosciuto la fondatezza della questione di legittimità costituzionale riguardo ad alcune disposizioni della disciplina dei trattamenti sanitari obbligatori (TSO). Il pronunciamento del prestigioso Organo evidenzia l’urgenza che detta disciplina venga riformata perché lede i diritti all’informazione tempestiva e alla partecipazione attiva nei processi decisionali di chi vi è sottoposto. Plaude l’Associazione Diritti alla Follia che già dal 2017 aveva segnalato – inascoltata – l’incostituzionalità della norma.
La facciata anteriore del palazzo in cui ha sede la Corte Suprema di Cassazione, a Roma.

Era ora: la Corte Suprema di Cassazione conferma l’urgenza di riformare il trattamento sanitario obbligatorio (TSO), il pronunciamento si pone in linea con la proposta dell’Associazione Diritti alla Follia, che da anni – tra l’ostilità dell’intero mondo psichiatrico, giudiziario ed istituzionale – sottolinea l’incostituzionalità della norma.

L’Associazione sottolinea l’importanza (seppure la tardività) della recente Ordinanza n. 24124 della prima Sezione Civile della Corte di Cassazione, che ha sollevato rilevanti questioni di legittimità costituzionale in merito al trattamento sanitario obbligatorio. Questa decisione conferma l’esigenza di una revisione profonda delle norme attuali, per garantire una tutela effettiva dei diritti delle persone sottoposte a TSO, in linea con i principi sanciti dalla Costituzione italiana e dalle convenzioni internazionali sui diritti umani.

L’Ordinanza riconosce chiaramente come l’attuale normativa sul TSO, basata sugli articoli 33, 34 e 35 della Legge 833/1978 (Istituzione del servizio sanitario nazionale), sia carente nel garantire al diretto interessato il diritto all’informazione tempestiva e alla partecipazione attiva nei processi decisionali. La Suprema Corte evidenzia che tali lacune compromettono il diritto di autodeterminazione e di difesa del diretto interessato, rappresentando un potenziale rischio di restrizioni arbitrarie della libertà personale.

Questa riflessione non è isolata. L’Ordinanza rispecchia infatti le raccomandazioni del Comitato Europeo per la Prevenzione della Tortura (CPT) all’Italia in tema di TSO [il rapporto del CPT è disponibile, in lingua inglese a questo link, N.d.R.], ribadendo l’importanza di un maggiore coinvolgimento del diretto interessato nel percorso decisionale. In questo contesto, la proposta di Riforma della procedura di applicazione del trattamento sanitario obbligatorio avanzata dall’Associazione Diritti alla Follia nel 2021 (e disponibile al seguente link) emerge come una soluzione non solo necessaria, ma anche la più garantista, rispetto alle attuali esigenze di tutela dei diritti fondamentali.

La Corte rileva la non conformità alla Costituzione della Repubblica (artt. 2, 3, 13, 24, 32 e 111, nonché all’ art. 117 in relazione agli artt. 6 e 134 CEDU – Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) per la mancata previsione «della notifica dei provvedimenti, nonché di passaggi procedimentali a garanzia del diritto al contraddittorio, alla difesa e ad un ricorso tempestivo ed effettivo avverso decisioni che limitano il diritto di autodeterminarsi in materia di trattamenti sanitari e la libertà personale, compresa l’audizione del soggetto interessato».

Le garanzie proposte dal 2017 dall’Associazione Diritti alla Follia (accolte con indifferenza e scherno generali) si rivelano dunque in linea con le valutazioni della Suprema Corte.

Tali indicazioni sono integrate nella citata proposta di Riforma della procedura di applicazione del trattamento sanitario obbligatorio avanzata dall’Associazione che, in sintesi, prevede tra l’altro:

la notifica tempestiva e completa: assicurare che il diretto interessato riceva una notifica chiara, immediata e comprensibile del provvedimento sindacale che ordina il TSO e dei documenti che lo supportano (proposta di un medico, conferma del secondo medico, decreto del giudice tutelare), insieme alla possibilità di opporsi o richiederne la revoca prima che il trattamento sia convalidato;
il diritto al contraddittorio: garantire che il diretto interessato venga sempre ascoltato direttamente in udienza dal Giudice Tutelare chiamato a convalidare l’ordinanza di TSO, se necessario con appositi spazi nei luoghi di degenza;
il diritto di difesa: prevedere la necessaria nomina di un avvocato (d’ufficio se non di fiducia) per garantire una tutela legale piena anche in situazioni di incapacità temporanea;
l’effettività della tutela giurisdizionale: rafforzare il controllo giurisdizionale, oggi limitato alla correttezza formale della procedura, ma anche sul merito del provvedimento, valutando attentamente le condizioni specifiche del diretto interessato, se necessario con l’ausilio di consulenti.

La proposta è stata sottoposta da anni all’attenzione di partiti e di parlamentari, del mondo psichiatrico, dell’associazionismo che a vario titolo si muove attorno alla cosiddetta “salute mentale”. Le unanimi reazioni sono state rappresentate talora da un assordante silenzio alla nostra richiesta di interlocuzione, talaltre (dalla SIP, Società Italiana di Psichiatria, con un articolo pubblicato sulla testata «Quotidiano Sanità» nel 2017 a firma del suo Presidente, disponibile al seguente link, alla cosiddetta psichiatria “progressista” di Psichiatria Democratica e dei “triestini” autonominatisi custodi dell’ortodossia “basagliana”) di aperta ostilità.

Ci si è detto che attaccavamo un modello che ci è internazionalmente invidiato, che si trattava della migliore Legge concepibile, che dovevamo contemperare il “diritto alla salute” del malato con la procedura giuridica del TSO, senza blaterare di garanzie che avrebbero intralciato il lavoro dei medici. Lo dicano adesso ai Giudici della Prima Sezione della Suprema Corte (destatisi da un sonno quarantennale), lo dicano alla Corte Costituzionale chiamata ad una importante Sentenza (speriamo finalmente seria e coraggiosa) che – tuttavia – non può eludere la funzione che spetta al legislatore, e che l’Associazione Diritti alla Follia continuerà a sollecitare nei prossimi mesi, magari con l’aiuto dei cittadini e cittadine che vorranno unirsi a quest’impegno.



Per informazioni: dirittiallafollia@gmail.com
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